Come funziona la gestione della rete autostradale

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La rete autostradale in Italia si estende per circa 6.500 chilometri. La maggior parte è pubblica, ovvero di proprietà dello Stato, ma viene data in concessione a società che si occupano dell’amministrazione, e che devono versare regolarmente un canone allo Stato. Tra queste imprese, che vengono denominate “concessionarie“, si trova anche Autostrade per l’Italia, che da diversi giorni è al centro di numerose polemiche, perché responsabile del tratto in cui si trova il ponte Morandi di Genova, il cui crollo, avvenuto il 14 agosto, ha comportato la morte di ben 43 persone.

Autostrade per l’Italia gestisce un po’ meno della metà delle autostrade presenti sulla Penisola, ovvero circa 3.000 chilometri. Il contratto che tale società ha sottoscritto con lo Stato in merito alle concessioni sulle tratte sarebbe dovuto scadere nel 2038, ma, lo scorso aprile, la data è stata spostata al 2042, visto gli investimenti previsti per la costruzione della Gronda di Genova, ovvero la tangenziale destinata a ridurre il traffico proprio in corrispondenza del ponte collassato.

Le concessionarie, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non sono sempre state private. Fino agli anni Novanta, esse erano per lo più pubbliche, ovvero proprietà di enti locali o dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI). Tuttavia, a seguito della crescita del debito pubblico dello Stato, molte delle società vennero privatizzate, così da attuare nuovi investimenti sulla rete, usufruendo, però, di capitali privati.

Una volta privatizzata, Autostrade per l’Italia, in passato di proprietà dell’IRI, passò nelle mani della famiglia Benetton, che controlla la società concessionaria mediante Atlantica, una società che opera nel medesimo settore anche all’estero e quotata in borsa.

L’ente concedente i segmenti di rete autostradale, fino al 1 ottobre 2012, era l’Anas, che ancora oggi ne monitora alcune porzioni. Successivamente tale compito è passato nelle mani del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il pedaggio, che viene imposto alla maggioranza delle autostrade italiane e, il cui importo viene stabilito dallo Stato, dovrebbe essere utilizzato dalle società concessionarie per attuare le opere di manutenzione, che sono necessarie per il mantenimento adeguato della rete viaria autostradale.

Infatti, quando il Governo cede la gestione delle autostrade a società private, pretende che ci sia coerenza tra i pedaggi che vengono richiesti ai caselli e che buona parte di essi vengano impiegati per mantenere in buono stato la rete viaria data in concessione. Lo Stato, tuttavia, dovrebbe monitorare che il lavoro svolto dai gruppi concessionari sia attuato al meglio, ma non sempre è effettivamente così, come sembra aver dimostrato il tragico evento del crollo del ponte Morandi a Genova.

Ciononostante, il Governo per fronteggiare questa situazione sta pensando di far pagare una multa ad Autostrade per l’Italia di 150 milioni di euro e di revocare la concessione relativa alla A10 Genova-Savona, e di affidarla all’Anas. Dal canto suo, tuttavia, la società Benetton, ritiene di aver rispettato i termini di legge e di aver costantemente monitorato il ponte.

In ambito europeo la situazione non è poi così differente, soprattutto se si volge lo sguardo verso alcuni paesi, come la Francia e la Spagna, dove si ritrovano società concessionarie pubbliche, ma anche private. Casi particolari sono, invece, la Svizzera, in cui le autostrade sono amministrate esclusivamente da enti pubblici, e la Germania, in cui gli automobilisti non devono pagare alcun pedaggio.

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