Tè: le principali zone del mondo in cui viene prodotto e come cambia il sapore

Conosciuto già un millennio prima della nascita di Cristo e considerato dalla medicina tradizionale cinese un potente guaritore per innumerevoli mali, oltre che un simbolo di regalità e prestigio sociale, il è un alimento metafora della cultura orientale. Non in molti sanno, però, che il passato coloniale della zona fece sì che, non solo le foglie di tè già lavorate e pronte per il consumo venissero esportate fuori dai confini di paesi come Cina o Giappone, ma anche la pianta di Camelia Sinesis, da cui si ottiene il tè, venisse introdotta tra le colture tipiche di altre terre come lo Sri Lanka o il Vietnam. Oggi, insomma, la Cina rimane il maggior produttore di tè al mondo, ma ci sono colture simili anche in America Latina, in Africa, nel Medio Oriente e persino in Italia, soprattutto negli ultimi anni, si è sperimentato con coltivazioni di tè sul Lago Maggiore e vicino Lucca.

Dove si producono le diverse varietà di tè e come incide sul sapore

Certo, la qualità dei tè provenienti dalla Cina rimane impareggiata agli occhi di molti, dei più appassionati di tradizioni orientali e di cerimonie del tè soprattutto, tanto che sia sul territorio e sia online spopolano i negozi come Moontea che si occupano di vendita di Tè Cinese di diverse varietà, anche sfuso. Con i suoi oltre due milioni di tonnellate di tè prodotto ogni anno, del resto, il Paese continua a rimanere uno dei più grandi esportatori al mondo – anche se una buona razione del tè prodotto in Cina è destinato a un consumo locale – e, di certo, quello che ne esporta più varietà: dagli ormai popolari tè verdi, ai più rari e preziosi tè bianchi, passando per i tè gialli dalla peculiare preparazione.

Quando si tratta di varietà di tè, infatti, gli appassionati lo sanno bene, il concetto di terroir conta almeno quanto il particolare tipo di trattamento, di lavorazione che le foglie di tè hanno subito prima di arrivare in bustina o pronte per l’infusione. In altre parole, se è vero che alcune caratteristiche (come il tipo di terreno, le condizioni climatiche, eccetera) della zona in cui la pianta di tè è coltivata incidono su che sapore ha il prodotto finito, è vero anche che la differenza tra un tè rosso e un tè nero la fanno soprattutto le tecniche di lavorazione utilizzate. Tecniche di lavorazione che, queste sì, possono variare considerevolmente di Paese in Paese per via di tradizioni diverse o di una diversa cultura del lavoro, per esempio, oltre che di periodi diversi dell’anno in cui avviene la raccolta e, anche, inevitabilmente, di condizioni lavorative diverse assicurate a chi lavora nelle piantagioni.

Può capitare, insomma, che tra i tè rossi ce ne siano di più tostati o con un sapore che ricorda quasi quello del malto e, ancora, di più agrumati: in questo caso quello che cambia non è tanto il tipo di lavorazione che hanno subito – si tratta in tutti i casi, infatti, di una completa ossidazione delle foglie – quanto la zona di produzione, con i tè rossi più agrumati che sono tipici dello Sri Lanka, per esempio, e il tradizionale tè rosso cinese del Keemun che ha invece una caratteristica nota tostata. Anche di tè bianchi e di tè verdi, tradizionalmente considerati tè cinesi per eccellenza, se ne trovano ormai facilmente in commercio anche in Italia di provenienti da paesi come il Malawi o il Giappone. Ci sono alcune varietà più nuove di tè, infine, per cui la componente geografica è una vera discriminante: sarebbe quasi impossibile, per esempio, assaggiare un tè viola, caratterizzato da un sapore acidulo e una forte astringenza sulle note finali, che non provenga da paesi africani come il Kenya.